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febbraio 2024

ESG, lo stiamo facendo bene?

Si parla molto di pratiche ESG nelle aziende di ogni dimensione ed è opportuno definirne il perimetro per valutarne le ricadute e l’efficacia.

ESG, lo stiamo facendo bene?

Focus

L’acronimo sta per Environmental, Social and Governance e l’analisi di questi principi consente di misurare i valori non economici delle aziende. Nel marzo 2018 la Commissione Europea ha pubblicato l’Action Plan on Financing Sustainable Growth (aggiornato nel 2020) con l’obiettivo di sviluppare e sostenere gli investimenti in progetti sostenibili che favoriscano l’integrazione dei criteri ambientali, sociali e di governance, in linea con gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile 2030 dell’ONU.

Fin qui l’aspetto tecnico; ma che cosa comporta ottenere una certificazione ESG e quali vantaggi porta? Nessuna azienda può più permettersi di perseguire esclusivamente obiettivi di profitto. È infatti fondamentale tenere conto dei molteplici impatti che un’attività imprenditoriale ha sul pianeta e sulla società e dimostrare impegno concreto nel contrastarli, rendendone conto agli stakeholder: investitori, clienti, dipendenti e comunità locali.

La certificazione ESG è un vero e proprio “bollino di qualità” dell’azienda che attesta
il rispetto di specifiche metriche e standard definiti a livello internazionale. Permette non solo di costruire una reputazione positiva sul mercato ma anche di accedere più facilmente a finanziamenti e attrarre investitori sempre più attenti alla sostenibilità.
La certificazione consente, inoltre, di migliorare la gestione del rischio e di ottenere benefici tangibili in termini di efficienza e risparmio, per esempio nei costi energetici.

In prospettiva futura possiamo aspettarci una maggiore standardizzazione a livello internazionale dei parametri ESG e la definizione di criteri sempre più affidabili, grazie anche allo sviluppo di tecnologie quali la blockchain e l’intelligenza artificiale, a beneficio della trasparenza e della competitività.

Vissuti con autenticità, i principi dell’ESG sono una ricchezza per le aziende e per la società in generale, portando con sé ricadute positive anche nei comportamenti quotidiani delle singole persone, per progredire verso una società più rispettosa del prossimo e dell’ambiente in cui viviamo.

Tre domande a

  • Sara Serafini
    Imprenditrice sociale e Co-founder
    The Good in Town

In questo numero siamo lieti di ospitare Sara Serafini, che nella sua veste di imprenditrice sociale e dall’osservatorio della sua testata The Good in Town ha un punto di vista privilegiato sulle tendenze e sulla strada che ancora rimane da percorrere nello sviluppo di una strategia aziendale di innovazione sostenibile in Italia.

 

Con la tua attività, aiuti le imprese nel percorso verso l’innovazione sostenibile e nella corretta comunicazione: quali settori sono più sensibili a questa evoluzione e quali sono indietro?

 

Ci sono dei settori più coinvolti per le implicazioni sul fronte ambientale ma vediamo che i livelli di maturità cambiano molto in base alle dimensioni dell'azienda e al commitment del top management.

Le recenti normative come la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) hanno contribuito ad accelerare richieste e approfondimenti sugli obblighi di reporting non finanziario, un tema noto alle grandi imprese che spesso si trovano ad affrontare difficoltà di comunicazione e raccolta dati per misurare i livelli di sostenibilità delle loro filiere.

Quindi, al di là degli obblighi, si rende necessario per le imprese più piccole e che hanno meno risorse, un lavoro di formazione e affiancamento che le aiuti a comprendere l’importanza delle richieste che arrivano dai clienti e a strutturare informazioni e attività legate ai temi ESG. Per le aziende più strutturate, spesso le criticità sono legate ai problemi di comunicazione e ingaggio degli stakeholder interni o all’approccio da adottare per la comunicazione esterna perché sia verificata e compliant ai recenti aggiornamenti della direttiva contro il greenwashing.

 

Ritieni che in Italia ci sia sufficiente cultura dell’innovazione sostenibile?

 

Penso che ci sia un potenziale grandissimo ma che ancora non sia sviluppato totalmente.

Lo dimostra il fatto che spesso non sia considerato nelle strategie di business una priorità, anche se la sostenibilità si declina in ogni ambito concretamente, con scelte di governance legate a valori ed etica, con progetti che rafforzano la relazione con dipendenti e territorio o che riducano l’impatto ambientale dei processi produttivi.

Per questo riteniamo fondamentale contribuire alla divulgazione di best practice che alimentino questa cultura dell’innovazione sostenibile, raccontando i progetti attraverso la comunicazione, ispirando altre aziende a replicare esempi vicini a loro, "spacchettando" le attività di percorsi di sostenibilità già avviati per far comprendere meglio come sia necessario agire passo dopo passo, al proprio ritmo, ma con trasparenza e obiettivi chiari.

 

Come vedi il futuro della nostra economia fra 10 anni?

 

È difficile fare previsioni in un contesto geopolitico e demografico così mutevole ma vedo l’urgenza di affrontare ora la transizione verso nuovi modelli sostenibili, proprio per garantire quel futuro che è già qui, è vicino.

Oltre alle sfide sul clima stiamo assistendo all’intensificarsi delle tensioni sociali, al costante aumento dei flussi migratori, alla crescita di povertà e disuguaglianze. Sono fatti che osserviamo da vicino con le nostre attività nel sociale ma che ci toccano tutti in qualche modo.

Cambiano il nostro modo di vivere spazi urbani, posti di lavoro, relazioni; che ci stimolano ad essere più resilienti, ad affrontare la diversità ma anche a pensare a come possiamo rendere più concreta con le nostre azioni la Good Economy: un modello che tenga conto di prosperità, pianeta e persone con la stessa attenzione, per garantire un futuro a tutti.

Oggi le imprese si trovano ad affrontare molte sfide e l’instabile contesto generale, la difficoltà di reperire profili professionali e competenze, le richieste del mercato e degli investitori, la complessità delle normative spesso le costringono a fare scelte che penalizzano il percorso di transizione verso la Good Economy.

Eppure c’è del buono da cui partire, il buono a cui ci riferiamo quando parliamo di “The Good in Town”: le caratteristiche uniche delle nostre imprese e dei nostri territori, le persone che ne fanno parte e che possono condividere intenzioni e finalità per raggiungere meglio insieme questo futuro.

News dal mondo social

L’inchiesta sulle “follower farm”

Il desiderio di veder crescere in fretta i propri follower e averne sempre uno in più dei propri competitor esiste da molto tempo – ma che sia funzionale alla propria strategia di social media marketing è sempre da verificare – come la pratica, vietata, di comprarne di falsi. Torna sul fenomeno dei follower fake, comprabili per pochi euro anche su siti italiani, Milena Gabanelli con Dataroom su Corriere della Sera. Spoiler: comprare profili bot è contro producente e si rischia il blocco dell’account, anche permanente.
 

Hashtag: presto saranno un ricordo?

Mentre LinkedIn ha iniziato a testare in alcuni Paesi il blocco degli hashtag, alcuni utenti di Instagram si sono trovati a non poter inserire più di cinque hashtag nei propri contenuti. Inoltre, Threads è stato lanciato sul mercato con la possibilità per gli iscritti di utilizzare un solo hashtag per contenuto. Sembra che i Social Media si stiano rendendo conto che aver lasciato agli utenti la libertà di utilizzare molteplici hashtag abbia ridotto l’efficacia dei loro algoritmi, impossibilitati a classificare i contenuti e a proporli alle persone giuste. Diremo addio ai post con il “muro” di hashtag?


UE avvia procedimento contro TikTok ai sensi del Digital Services Act

A pochi giorni dalla notizia dell’Amministrazione di New York in causa contro i Social Media che minerebbero la salute mentale dei giovani, TikTok dovrà difendersi da accuse simili da parte della Commissione europea. Per il momento si tratta di un procedimento formale per verificare la possibile violazione del Digital Services Act (DSA) in ambiti legati alla tutela dei minori, alla trasparenza della pubblicità, all'accesso ai dati per i ricercatori, nonché alla gestione del rischio di design che creano dipendenza e contenuti dannosi. L'indagine si concentrerà, ma non solo, sui possibili effetti negativi derivanti dalla progettazione dei sistemi algoritmici, che potrebbero stimolare dipendenze comportamentali o creare l’“effetto tana del coniglio”, un luogo in cui all’apparenza è tutto bello, positivo e dove non c’è spazio per opinioni contrastanti. Per approfondire, l’articolo de La Stampa.

News dal mondo dell'editoria

 

Editori con Agcom contro lo stop del Tar al Regolamento sull’equo compenso

Il Regolamento Agcom è fondamentale per il buon esito delle trattative tra editori e piattaforme, anche perché individua i criteri di riferimento per determinare l’equo compenso dovuto per l’utilizzo on line dei contenuti editoriali e obbliga le piattaforme a mettere a disposizione i dati necessari a tale scopo.

Gruppo editoriale Tecniche Nuove acquisisce il 100% di Mazzmedia

L'operazione di acquisizione della digital agency risponde all’obiettivo dell’editore di consolidare l’offerta omnichannel.

Gruppo Millionaire si riorganizza e annuncia una campagna di crowdfunding

Il Gruppo Millionaire Multimedia – a cui fa capo Millionaire Magazine e Franchising City – si riorganizza e annuncia l’incorporazione di nuove testate tematiche con le quali sono già attive collaborazioni commerciali.

Online centinaia di siti di news senza controllo

Ci sono oltre 700 siti di notizie e informazioni generati dall’intelligenza artificiale che operano con poca o nessuna supervisione umana. A identificarli NewsGuard, organizzazione che valuta l’affidabilità dei siti di notizie di tutto il mondo.

I siti generati dall’AI, scrive Ansa, sono in 15 lingue e si finanziano principalmente attraverso la pubblicità programmatica, in base alla quale vengono forniti annunci indipendentemente dalla natura o dalla qualità del sito. Di conseguenza, molti brand stanno involontariamente supportando questi siti.

Best practice

Cybersecurity, il 2024 sarà l’anno degli attacchi GenAI: se ne parla
al #SecurityBarcamp

Come ogni gennaio, anche quest’anno Trend Micro ha presentato le previsioni per la cybersecurity durante il #SecurityBarcamp, l’evento partecipativo che ospita esperti, giornalisti e testimonial importanti per analizzare scenari, minacce, soluzioni.

Come sempre, si è avuto un palco prestigioso, moderato dalla giornalista Eva Perasso, con: Alessio Agnello, Technical Director Trend Micro Italia, Alessandro Fontana, Country Manager Trend Micro Italia, Rachel Jin, VP of Product Management Trend Micro, Matteo Macina, CISO TIM, Veronica Pace, Head of Marketing Trend Micro Italia, Walter Riviera, AI technical lead Emea Intel, Stefano Vercesi, CISO Pirelli.

Il punto di partenza per il talk è stato l’annuncio dello studio previsionale di Trend Micro che – come ha poi raccontato Corriere della Sera – “ha messo in evidenza il ruolo trasformativo dell’intelligenza artificiale generativa (GenAI) nello scenario delle minacce cyber e lo tsunami di tattiche sofisticate di social engineering e furti di identità potenziati da strumenti basati su GenAI, che potrebbe arrivare”.

I relatori, ognuno secondo la propria esperienza e il proprio particolare punto di vista, hanno analizzato il tema e proposto soluzioni positive per proteggere individui e imprese di fronte all’evoluzione della AI che stiamo vivendo e che porta con sé numerose opportunità.

La copertura mediatica dell’evento è stata significativa, a dimostrazione dell’elevato interesse che generano le conferenze dedicate alla analisi dei trend tecnologici e alla pura divulgazione

Parola del mese

Greenhushing

Comportamento per cui le aziende, soprattutto le più piccole, sono portate a tacere le attività di sostenibilità intraprese per paura di essere criticate da media, ONG e autorità competenti e di essere accusate di greenwashing.

Come quest’ultima, il greenhushing è una pratica pericolosa perché rallenta la transizione del mercato verso la sostenibilità.

Nel contesto europeo è destinata a scomparire grazie alle nuove normative sulle comunicazioni di sostenibilità delle imprese che impongono nuovi strumenti e standard per rendere pubblici e trasparenti i dati aziendali sulla sostenibilità ambientale, sociale e di governance.